Maniamma

Maniamma, piccola figura esile ed elegante con gli occhi grandi e un bel viso dolce, è la cuoca dell’ufficio di Karunagiri.

Ha l’aria timida e un po’ malinconica, ma un suo sorriso può illuminare la stanza.

Maniamma è vedova, suo marito è morto qualche mese fa di meningite fulminante. Era un alcolizzato, come tanti, tantissimi uomini in India, e veniva chiamato in caso di pamu perchè i serpenti, infastiditi dall’odore dell’alcool, si allontanavano quando lo sentivano arrivare.

Vive in una casetta nel compound con i suoi due figli. Il più piccolo, Sandeep, un bambino splendido e simpaticissimo, è stato adottato a distanza da Rossella. Prima vivevano in una piccola capanna di frasche. Sister Sheeba, che ha una certa esperienza con i poveri in India, dice di non aver mai visto in vita sua un’abitazione così povera.

Maniamma non parla inglese, ma abbiamo provato da subito una forte simpatia reciproca; nel giro di pochi giorni io, lei e Rossella abbiamo cominciato ad intrattenere divertenti conversazioni in un improbabile misto di telugu, inglese, italiano e gesti, e la cosa più incredibile è che, in qualche modo, rusciamo anche a capirci abbastanza.

In un certo senso è lei che ci ha adottate e si prende cura di noi, aggiustandoci maternamente addosso il sari mentre noi, dal canto nostro, tentiamo di coinvolgere lei e Sandeep in ogni nostro spuntino e le abbiamo regalato un vasetto della nostra celebre marmallata.

A volte, mentre tentiamo di parlarci nel nostro strano codice misto, penso che è davvero un peccato non poter approfondire questo rapporto per via di una stupida barriera linguistica. Poi, però, penso a quanto è intenso questo modo di comunicare oltre le parole… e mi accorgo che è bello anche così.

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